martedì 7 luglio 2009

A season to everything




A volte capitano cose che nell'economia di un'intera esistenza possono sembrare insignificanti, ma che (contro ogni logica) ti fanno pensare, anche se solo per 2 ore, di essere stato baciato da una buona stella.
A volte, per giunta, capitano quando ne hai davvero tanto bisogno.
Arriviamo ad Asti, io e mio fratello, in tempo per mangiarci una pizza vicino a Piazza della Cattedrale; in un trionfo di sobrietà culinaria, lui si fa una bufala con salamino piccante, io opto per una prosciutto crudo e ananas.
Quando usciamo dalla pizzeria, già si intravede stampata nell'aria l'impronta del disastro, ma noi coraggiosi ascoltatori di concerti non vi badiamo, e ci dirigiamo verso il palco accompagnati dalle prime gocce di pioggia, che però, forse infastidite dalla nostra indifferenza, presto si tramutano in un inferno scrosciante contrappunto di lampi, tuoni, fulmini e sferzate di vento a 3000 nodi orari.
A questo punto mio fratello si dichiara soddisfatto della serata (le 3 canzoni di Ettore Giuradei, in apertura, lo hanno, per dirla in maniera pertinente al quadro ambientale, folgorato!) e abbandona il campo da gioco, mentre io rimango sola e buonina sotto gli archi a sesto acuto del Portale Pelletta, assieme a una sparuta compagnia di fans in trepida attesa.
Ora, come ben saprete, di solito in ogni situazione critica c'è sempre almeno un coglione in aria di tentare la buona sorte...il tipo d'uomo che in mezzo a 50 persone pigiate negli unici 10 mq di copertura dell'isolato, se ne esce ad esempio con la frase: "eh, certo che se il vento cambia direzione son cazzi x tutti!!".
Dopo 5 minuti, inevitabilmente bagnati come pulcini, stiamo ancora aspettando notizie dall'Alto, che puntualmente arrivano sotto forma di emissario del Dio del Rock, il quale, preso a compassione, decide di ripagare la nostra caparbietà con un regalo inaspettato...
"Niente rimborso" dice l'emissario del Dio del Rock "il concerto si fa dentro"
"dentro DOVE?" chiediamo noi perplessi, già immaginandoci l'espressione sconvolta del Crocefisso dell'Altar Maggiore sull'assolo di Eight Miles High.
"SEGUITEMI" risponde misterioso lui.
DENTRO,ovviamente e purtroppo, non è l'interno della Chiesa, ma uno stanzino da oratorio nel retro della sagrestia, sporco, desolato, impregnato di un tasso di umidità del 120%, nel quale dopo qualche gomitata e una sediata sugli stinchi, riesco a conquistare l'abituale posizione proibitiva, in piedi, dietro al solito tarantolato che si sposta in continuazione ostruendomi la visuale, ma abbastanza vicino da permettere all'amata fuji di conservare un ricordo indelebile di quelle due ore preziose.
Roger McGuinn arriva quasi subito.
Ha l'aria di pensare che abbiamo aspettato abbastanza e il sorriso sornione di chi ha voglia di farci sapere che non l'abbiamo fatto invano.
Pare sia stato lui a suggerire agli organizzatori di spostare lì il concerto...del resto la generosità, a un artista, non la insegni...
Lascio alla Fuji e alla sua video-testimonianza, il compito di descrivere l'indescrivibile, perchè in effetti, dal momento in cui McGuinn è entrato in quello stanzino, si è seduto su quella sedia scalcagnata, e ha posato le dita su quelle 7 corde, io non ci ho capito più granchè.
Quando sono uscita, fuori pioveva ancora. Ferma, nella piazza, ho chiuso gli occhi un attimo, come l'ospite di Carver che guida la mano del cieco a disegnare i contrafforti della Cattedrale mentre la mano del cieco lo guida a spingerli verso l'indefinito.
Aveva ragione Carver, naturalmente.
Non c'è bisogno di riaprirli per sapere che sei appena stato parte di qualcosa di grandioso.
..

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